martedì 3 maggio 2016

Memories

RECENSIONI - IL COLORE DEL MELOGRANO









Mi sembra giusto e doveroso aprire questa rubrica dei consigli in onore di Otomo visto il periodo post-Angouleme 2016 in cui ci troviamo ed è stato proprio Otomo, vincitore del Grand Prix de l’Angouleme 2015 e attuale presidente, ad  assegnare il premio di quest’anno ad Hermann; inoltre ci ha deliziati con straordinari annunci e rivelazioni(serie animata per Akira in arrivo), ma non sono qui per dare news, piuttosto parliamo di “Memories”.
"Memories" è un sontuoso e ambizioso progetto di Katsuhiro Otomo del 1995, che supervisiona il film costituito da tre episodi. Otomo non è un regista normale che si accontenta di fare un semplice film e basta, a lui piace essere ricordato per la sua "diversità", nel senso che deve sperimentare nuove tecniche stilistiche ed essere sempre all'avanguardia per quanto riguarda la componente tecnica e grafica.
Passiamo ai tre mediometraggi. Ci saranno lievi spoiler –che non vi faranno capire molto comunque- per analizzare al meglio il film, non credo vi cambierà qualcosa in quanto il film va visto.




 MEMORIES - KATSUHIRO OTOMO



 

"Magnetic Rose": è il primo mediometraggio del film ed anche l’unico che prende spunto dall’omonimo manga di Otomo.  Al centro di questo mediometraggio abbiamo una troupe di astronauti che recuperano macerie nello spazio. Sono dunque i cosiddetti spazzini dello spazio che ci ricordano il tanto amato "PlanetEs". Dopo aver ricevuto un S.O.S., due membri dell'equipaggio iniziano una missione di recupero all'interno di una nave fantasma o meglio una rosa magnetica, perché l'astronave ha proprio la forma di una rosa. Una volta giunti all'interno l'atmosfera cambia man mano, diventando sempre più tesa e allucinogena, virtuale e ipnotica. Ebbene, sembrerebbe a tutti gli effetti un thriller psicologico nello spazio; infatti i protagonisti iniziano a vedere fantasmi, che poi sono ologrammi, che scendono dal soffitto e scompaiono negli spazi bui delle fittissime e dettagliate stanze, che iniziano il processo di destabilizzazione della mente degli allora solari protagonisti. Specialmente Miguel ha una voglia matta di godersi la vita, tra la continua ricerca di una donna e il buon cibo anche in un momento non opportuno come quello in cui si trovano.
La padrona di casa sembra essere una cantante lirica che ha già deciso quale sarà il suo nuovo compagno. Se in una fotografia-ologramma prima si vedeva l'immagine serena tra lei e il marito, adesso questa foto si tramuta mostrandoci l'immagine di Miguel al posto dell'ormai morto marito. Ciò sta a significare il forte volere da parte di Eva di far rivivere materialmente, perché in pratica il marito continuava a vivere attraverso i ricordi proiettati di Eva, il suo amato Carlo. Dunque il titolo del film trova già un significato, memorie o ricordi; quelli conservati da una Eva che vuole a tutti i costi ricordarsi e ricordare, e grazie alla tecnologia futuristica ci riesce tramite un modo alquanto singolare. I ricordi vengono gestiti da un computer e proiettati sotto forma di ologrammi per vivere in eterno. In realtà la vita in questo modo assume un significato diverso, in quanto così facendo Eva non continua a vivere, ma rivive il suo passato. Mi chiedo se, nonostante tutto, fosse veramente così ancorata al suo passato oppure aveva paura della morte come fine di tutto, ma non riuscendo ad andare avanti non puoi definirti un essere in vita; allo stesso modo l'altro protagonista si sottomette al passato lasciando che i disastrosi ricordi di una figlia morta lo seppelliscano una volta per tutte nel gelido spazio nel momento più caotico del film, quando si mescolano i ricordi degli astronauti con quelli di Eva, dove questa volta sono i propri pensieri e incubi a palesarsi come ologrammi. Miguel ormai si è fuso con i ricordi di Carlo, mentre, l'altro, Heintz, è rinsavito e lo cerca. In tutto ciò a destabilizzarsi non è solo la mente, ma anche il campo magnetico che tinge di un rosso ancora più vivo la rosa tramite il sangue degli spazzini.
In questo episodio vi troviamo una Yoko Kanno ai massimi livelli: si susseguono musiche liriche e classiche di forte impatto per la struttura dell'episodio, che si sono rivelate essere la scelta giusta visto che l'ambientazione sembra un palcoscenico futuristico in cui si recita "Madama Butterfly", con chiari riferimenti a "Solaris" e "2001 - Odissea nello spazio".
Il regista, Koji Morimoto, si gioca ottime carte all'inizio con inquadrature particolari, sfruttando svariati angoli per poi passare a un fluido movimento di camera durante il raggiungimento della rosa magnetica. Dopo si stabilizza su buoni livelli senza particolari tocchi di classe. L'episodio è sceneggiato da Satoshi Kon, che svolge anche qui, come sempre, un ottimo lavoro. Graficamente eccelso come gli altri due episodi.

"Stink Bomb": è il secondo episodio. La linea che separa il primo dal secondo è vistosissima e ancora più evidente quella tra il secondo ed il terzo. Il mood serioso, angosciante, malinconico non c'è più. Adesso l'aria che si respira è più leggera, almeno fino a quando il nostro spensierato protagonista non ingoia una pillola presa contro il raffreddore. Errore più grande non poteva commetterlo, poiché quella pillola faceva parte di un progetto segreto del Governo Giapponese che doveva essere usato come difesa e invece si è scoperto sul momento che reca danni catastrofici. Il protagonista si porta dietro una nube puzzolente che uccide anche gente con la maschera, se entra nel raggio d'azione, e il Paese va in subbuglio, mentre il protagonista non ha la minima idea di essere un'arma biologica vivente e si mette con impegno a svolgere la missione affidatagli dal presidente della ricerca per lo sviluppo. Dunque si viene a creare una situazione buffa, ma allo stesso modo terrificante. Si presenta così un episodio sulla scia del "Dottor Stranamore", una satira non sulla guerra, ma sui militari, umiliandoli al massimo.
Quindi le tematiche proposte saranno proprio queste, ossia l'idiozia dei militari e del sistema militare nel creare un oggetto per difenderci quando in fin dei conti ci danneggia, ma arricchisce il governo. Infatti siamo di fronte a un sistema militare, anche se è quello americano ad essere spietato, senza scrupoli, che non si ferma nemmeno in situazioni gravi a pensare di analizzare il soggetto ancora prima di aver sventato il pericolo. Comunque saranno proprio queste caratteristiche politico-militari che dovranno essere ricordate dai posteri, una volta risolto tutto per cercare di non ripetersi.
In quanto a regia questo film soffre se paragonato agli altri due, totalmente negli standard.
Per quanto riguarda le musiche, anche qui è stata una saggia scelta, poiché il jazz crea una forte armonia con il mood veloce e allegro dell'episodio. Comunque rimane una visione godibilissima, anche se ci si aspettava qualcosa di più, visto che Otomo è lo sceneggiatore.

"Cannon Fodder": l'ultimo episodio, l'ultima scena, l'ultima sequenza è un altro mediometraggio diretto da Katsuhiro Otomo con l'ausilio della tecnica del piano-sequenza, ecco perché parlo dell'ultima scena. Ed è anche questo ciò che fa vantare l'appellativo di sperimentale all'opera in questione, almeno da un punto di vista registico, perché il terzo episodio è sperimentale anche graficamente. Infatti si può parlare di un Otomo innovatore per quanto riguarda l'animazione giapponese almeno, poiché il piano-sequenza era già utilizzato più di mezzo secolo prima nei film live, ma considerando la durata di questo episodio è chiaramente il più lungo piano-sequenza che si ricordi prima della produzione di "Arca Russa", lungometraggio interamente eseguito con questa tecnica, escludendo ovviamente "Nodo alla Gola" di Hitchcock per gli svariati raccordi presenti, mentre per quanto riguarda la televisione abbiamo gli asfissianti 57 minuti del Macbeth di Béla Tarr(1982). Magari è più facile in animazione? Beh, è solo questione di budget, considerando l'uscita di Matrix solo quattro anni più tardi, in cui era davvero possibile fare di tutto, ma anche prima se è per questo. Quindi, ciò che è riuscito a fare Otomo non è cosa da poco e così è possibile assistere a scene fluidissime e di un certo virtuosismo come lo sparo del mega cannone rosso.
Il rosso è sicuramente il colore predominante e quello delle armi, che rappresenta uno dei punti a favore della tesi sull'anticomunismo di fondo presente nel film. Nell'allegorica e distopica città la popolazione affronta il nemico comune in una guerra che non ha mai fine con un nemico che non si è mai visto. Se la società ci ricorda "Metropolis", il tema della guerra e come è stato esposto è un chiaro riferimento a "Orizzonti di Gloria" di Kubrick, di cui, ormai si è capito, Otomo è un grande fan. Così impotente di fronte all'ostinato voto di guerra da parte della città di reminiscenze steampunk solo il bambino chiede: "Contro chi stiamo combattendo?" Tuttavia la domanda risulta inutile, in quanto nemmeno il padre si ricorda della fazione opposta e viene spontaneo chiederti se esiste veramente un nemico su cui sparare continuamente con i giganteschi cannoni rossi oppure è la paura del ricordo della guerra che spinge i cittadini a continuare una guerra conclusasi ormai secoli fa. Fino a quando il bambino speranzoso di diventare un comandante militare, piuttosto che un semplice operaio come il padre, influenzato soprattutto dai media ("Sparate, sparate sempre, sparate per la patria") e anche dalla scuola, dove gli insegnano formule fisiche sulla gittata per educarli a bravi militari, si mette nel letto dove dalla sua finestra è possibile scorgere un enorme bagliore che sembra rappresentare l'attacco nemico nelle vicinanze. Quindi tutta la politica comunista infrange anche i sogni di un innocente bambino, non riuscendo a proteggerlo dall'attacco.
A farlo risultare ancora più straniante sono le musiche, che pur non essendo belle come le altre due tracce, riescono nel loro intento.

Film spesso sottovalutato o finito nel dimenticatoio, purtroppo.
Dovendo fare a questo punto una media tra i tre episodi, posso dire che è un buon film. Peccato, senza il secondo sarebbe stato un ottimo film. Guardatelo, guardatelo ancora, guardatelo per l’arte!





TESTO: Ferrara Michele "Texhnolyze"

ILLUSTRAZIONE: Tafuro Giovanni "JohnTaf"




NOTA : "Per precauzione, anche se crediamo non necessaria, se qualcuno volesse prendere un'immagine dal Blog, chiediamo con cortesia di mandarci prima un messaggio privato e poi di citarne la fonte. GRAZIE"

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