lunedì 8 agosto 2016

And Then There Were None - 10 Piccoli Indiani

RECENSIONI - IL COLORE DEL MELOGRANO

 

 



  AND THERE WERE NONE - 10 PICCOLI INDIANI

 




Dopo tanti svariati adattamenti  cinematografici, televisivi, teatrali e quant’altro, la BBC è riuscita ad adattare come si deve il romanzo più apprezzato di Agatha Christie, probabilmente il migliore; stiamo parlando di And Then There Were None, da noi conosciuto come i 10 Piccoli Indiani.  
La BBC non è nuova a questo tipo di operazioni ed infatti in passato ha sfornato, e tutt’ora continua, adattamenti televisivi di grandi romanzi della letteratura mondiale: Sherlock, War and Peace, Grandi Speranze, Orgoglio e Pregiudizio, ecc.
Ma tra tutti si eleva questo recente piccolo gioiello di Agatha Christie, una miniserie di soli 3 episodi.
Il dubbio che può insorgere leggendo la notizia di un adattamento di tale romanzo, anche se ennesimo, è sacrosanto perché non puoi aspettarti molto da un’operazione del genere se si esclude la conoscenza di tutto il cast dietro.


L’adattamento è riuscitissimo nel suo essere fedele al romanzo, nonostante qualche piccolo cambio logico, ma in questa sede non ha importanza l’attuale confronto con il romanzo e né ha bisogno di esistere quando sono 2 media diversi, però gliene va dato atto. Partiamo subito dal fatto che non è un capolavoro e nemmeno un ottimo prodotto, del resto nemmeno poteva esserlo se rispecchia esattamente il libro, ma è più che buono  e ad avercene serie tv di questo calibro …


Perché non poteva essere un capolavoro? Perché è troppo fedele al romanzo e il romanzo in questione non ti permette di approcciarti cinematograficamente con una regia che sia veramente d’autore, sperimentale o che osi di più. Cambiando registro la serie tv sarebbe stata diversa, avrebbe perso il ritmo e i tempi del romanzo e soprattutto avrebbe cambiato totalmente focus, quindi necessitava un approccio tradizionale, che è stato rispettato, e sotto questo punto di vista ha garantito  il massimo esprimibile. 


Infatti giustamente la regia doveva mantenere un approccio intimista, votato  soprattutto ai personaggi, d’altronde siamo di fronte a uno dei più grandi esponenti del giallo … anche se la serie risulta più un thriller psicologico, ma la differenza è pressoché minima. Così la cinepresa non può che focalizzarsi sui personaggi passando da intensi primi piani ad inquadrature intime, con lo scopo di indagare, scavare a fondo nell’animo, farsi strada tra i pensieri che sfiorano la mente contorta di questi 10 sciagurati. E forse lo scopo primario è quello di farci cogliere le reazioni  - sia anche un battito di ciglia – per permetterci di giocare insieme a loro, ovvero scoprire il colpevole. Poiché non dimentichiamoci che nei gialli più tradizionali il tutto ruota attorno a saper carpire i dettagli disseminati dall’autore nel corso dell’opera ed arrivare a scoprire chi sia il colpevole prima della fine e ciò si rispecchia anche nel soggetto stesso, dove in pratica assistiamo ad un giallo nel giallo, dove i personaggi sono costretti a dover capire chi sia l’assassino prima della fine dei giochi. Infatti per alcuni è un gioco, per altri un test, per l’assassino è forse la ragione di vita, fatto sta che ognuno di loro ha una propria opinione e visione del mondo ben approfondita nel corso con dei flashback saggiamente dosati. Ovviamente alcuni personaggi ne escono meno approfonditi di altri, sia per esigenze di tempo, ma in 3 ore si può gestire la cosa, sia perché non hanno la presa sullo spettatore che magari hanno altri personaggi ben più affascinanti.  

 
Dunque questi  10 sconosciuti si ritroveranno sulla misteriosa isola di Soldier Island, dove dovranno far fronte oltre ad una serie di delitti, uno dopo l’altro, concepiti dalla mente di chi sembra osservare una filastrocca presente nella casa, ma anche ai loro tormenti. Infatti ognuno di loro verrà messo a nudo su gli omicidi perpetrati e ciò sarà fondamentale per creare quell’atmosfera di misantropia generale che ben si addice ad un giallo, ma ciò risulterà anche in una difficile risoluzione del caso poiché è arduo scovare un assassino quando in realtà lo sono tutti. Non puoi che iniziare a sospettare di tutti, a parte quelli già morti che quindi lasciano la tua mentale lista dei sospetti come le statuette lasciano la tavola da pranzo - così come i nomi degli attori spariscono nei titoli - . 


Un'altra parte che è stata curata abbastanza è stata quella relativa alla fotografia, algida come l’atmosfera, ma non troppo fredda al punto che i personaggi non provino emozioni. Il connubio tra luci e ombre è reso bene, creando inquietudine e ansia qualora fosse necessario  in maniera del tutto parallela alle sensazioni dei personaggi sullo schermo.  Fondamentale alla riuscita in questo caso sono anche le prove attoriali, tutte ottime. Non c’è personaggio che risulti fuori luogo o attore che non esponga al meglio la psicologia del suo personaggio e questo è dovuto anche alla presenza di nomi abbastanza importanti. Tra tutti spicca la figura del giudice, impersonato da Charles Dance, e quella del capitano esploratore, interpretato da Aidan Turner.


Quindi pian piano veniamo a conoscenza di ognuno di loro e nessuno può apparirci ancora innocente, ma invece assistiamo ad un turbine di emozioni  più disparate proveniente dagli attori ed è proprio per questo che non si riesce effettivamente a capire, prima del finale, chi sia il colpevole. I sospetti vengono messi sempre in discussione e anche chi ha letto il romanzo non recentemente, come me, inizia ad avere dubbi . Questo risultato lo si può avere solo grazie alla maestria con cui  Agatha Christie ha scritto il suo romanzo  e alla ben congegnata sceneggiatura della serie tv. 


Tutti questi componenti riescono a far tenere alta l’attenzione, che forse cala giusto un po’ durante la risoluzione delle singole morti.  La risoluzione risulta sempre troppo frettolosa e poco dettagliata, del resto posso capire questa scelta poiché non siamo di fronte a delle elucubrazioni mentali da parte di un detective ma di una semplice insegnante e quindi è realistico che siano più sbrigative e meno attente, inoltre l’idea di sorvolare e far scorrere gli omicidi ben si sposa con la freddezza che permea la serie. Il ritmo si innalza minuto dopo minuto, passando da una falsa e pacata calma iniziale ad una paranoia finale senza scampo. Nel mentre non mancano allucinazioni, allegorie e visioni, nemmeno pseudo alleanze in un disperato tentativo di uscirne vivi, facendo sì che appaiano tutti come degli ingranaggi di una macchina della morte. La crudezza e il nichilismo della serie convergono nel finale che, seppur diverso dal romanzo, risulta riuscito nella sua capacità di essere coerente con tutto ciò che è stato mostrato fino ad allora.

 Il finale può risultare frettoloso e nonostante si preferisca non enfatizzare troppo il momento tanto atteso, che di nuovo mostra la freddezza della serie, risulta perfetto nella sua assenza di redenzione. Se non vi va o siete troppo pigri per leggere il romanzo, allora avete un’ottima alternativa.











TESTO: Ferrara Michele "Texhnolyze"

ILLUSTRAZIONE: Tafuro Giovanni "JohnTaf"




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