RECENSIONI - IL COLORE DEL MELOGRANO
WET MOON - ATSUSHI KANEKO
Non è forse il miglior momento per parlare di Atsushi Kaneko
, da poco ospite al Napoli comicon?
Atsushi Kaneko negli ultimi anni ha ricevuto sempre più attenzioni dalla critica e dal pubblico, imponendo il proprio genio nel panorama fumettistico mondiale.
Di solito quando si parla di Kaneko gli viene subito accostato il nome di David Lynch, infatti viene dai più definito, a ragione, il Lynch dei fumetti. Ciò è assolutamente vero per molti aspetti, ma veniamo ai fatti e prendiamo Soil, il suo fumetto più conosciuto, e noteremo che ci ricorda tantissimo Twin Peaks, sia per l’atmosfera, sia per il setting e gli sviluppi della trama. Entrambi sono dei maestri nel creare il proprio mondo, ma non uno qualsiasi o puramente di fantasia - cosa che ormai sembra essere alla portata di tutti-; piuttosto il mondo di cui parlo è reale ma è come se a tratti non lo fosse. In altre parole: uno spettatore leggendo o guardando non può che ritrovarsi immerso in quel dualismo tra realtà, rappresentata dalla quotidianità di un’apparente tranquilla cittadina, e il mistero o il soprannaturale che strappano via questa falsa apparenza. Una fusione che Lynch ha inaugurato con Velluto Blu. Il soprannaturale è sempre accompagnato da una dose di visionarietà, per cui anche il soprannaturale può essere un semplice sogno o delirio.
Wet Moon è tutto ciò, pur essendo un noir dall’inizio alla fine non rinuncia a questi elementi e infatti cosa non è il pavimento zigzagato del locale malavitoso se non un richiamo alla Loggia Nera di Twin Peaks? Il deformato Tamayama non ci ricorda per caso il nano? E l’atmosfera del suo covo, con quell’aria di sospensione, fuori dal tempo(non a caso afferma di essere colui che vive nel futuro), è di per sé molto simile alla Loggia. Essendo un noir, atipico, ma è pur sempre il genere di riferimento se lo si vuole accostare a qualcosa, è necessario dunque il nero, mentre era del tutto assente in Soil… nemmeno il sole proietta ombre in quella cittadina!
Kaneko ama il cinema e la musica, si sa. Anzi, è lui stesso un regista destinato al circuito underground nipponico e quindi le ispirazioni o citazioni non si fermano a Lynch, c’è di tutto: da Bunuel a Viaggio nella Luna(ovviamente) di Melies, passando per Hitchcock e giungendo ad Hayashi Kaizo, uno dei massimi esponenti del neo-noir giapponese con forti componenti surreali. E’ facile notare che tutti questi registi adorano curare la messa in scena ed infatti leggendo Wet Moon si percepisce una sorta di esperienza cinematografica grazie all’innata bravura nel dare una certa sequenzialità alle vignette alimentata da un fluido montaggio interno delle tavole, esattamente come il montaggio cinematografico. Inoltre la scelta dei tempi narrativi è perfetta; si alternano ritmi lenti, con intensi primi piani, close-up sui dettagli(sin dall’inizio capiamo che quella cicatrice sarà importante, non è così?) e illuminanti scambi di battute, a ritmi esasperati, con inseguimenti e visioni, tramite frenetici campi lunghi, inquadrature sbilenche e tavole allucinate.
Sin da subito il lettore si ritroverà dalla parte del protagonista, il detective Sada, abbracciando la stessa sorte, ovvero restare intrappolati in un folle noir psichedelico che non ci lascia tregua tramite l’infittirsi dei misteri e la conseguente discesa nella follia più profonda.
Sembra quasi che la colonna sonora di quest’opera sia The Dark side of the Moon dei Pink Floyd e non a caso le due opere hanno in comune il tema della pazzia e il ruolo centrale della luna. Kaneko con Bambi ha riferito apertamente che il Punk fosse la sua principale fonte di ispirazione, sicuramente con Wet Moon non sarà stato così e non mi sorprenderei se si fosse veramente ispirato al suddetto album.
Atsushi Kaneko negli ultimi anni ha ricevuto sempre più attenzioni dalla critica e dal pubblico, imponendo il proprio genio nel panorama fumettistico mondiale.
Di solito quando si parla di Kaneko gli viene subito accostato il nome di David Lynch, infatti viene dai più definito, a ragione, il Lynch dei fumetti. Ciò è assolutamente vero per molti aspetti, ma veniamo ai fatti e prendiamo Soil, il suo fumetto più conosciuto, e noteremo che ci ricorda tantissimo Twin Peaks, sia per l’atmosfera, sia per il setting e gli sviluppi della trama. Entrambi sono dei maestri nel creare il proprio mondo, ma non uno qualsiasi o puramente di fantasia - cosa che ormai sembra essere alla portata di tutti-; piuttosto il mondo di cui parlo è reale ma è come se a tratti non lo fosse. In altre parole: uno spettatore leggendo o guardando non può che ritrovarsi immerso in quel dualismo tra realtà, rappresentata dalla quotidianità di un’apparente tranquilla cittadina, e il mistero o il soprannaturale che strappano via questa falsa apparenza. Una fusione che Lynch ha inaugurato con Velluto Blu. Il soprannaturale è sempre accompagnato da una dose di visionarietà, per cui anche il soprannaturale può essere un semplice sogno o delirio.
Wet Moon è tutto ciò, pur essendo un noir dall’inizio alla fine non rinuncia a questi elementi e infatti cosa non è il pavimento zigzagato del locale malavitoso se non un richiamo alla Loggia Nera di Twin Peaks? Il deformato Tamayama non ci ricorda per caso il nano? E l’atmosfera del suo covo, con quell’aria di sospensione, fuori dal tempo(non a caso afferma di essere colui che vive nel futuro), è di per sé molto simile alla Loggia. Essendo un noir, atipico, ma è pur sempre il genere di riferimento se lo si vuole accostare a qualcosa, è necessario dunque il nero, mentre era del tutto assente in Soil… nemmeno il sole proietta ombre in quella cittadina!
Kaneko ama il cinema e la musica, si sa. Anzi, è lui stesso un regista destinato al circuito underground nipponico e quindi le ispirazioni o citazioni non si fermano a Lynch, c’è di tutto: da Bunuel a Viaggio nella Luna(ovviamente) di Melies, passando per Hitchcock e giungendo ad Hayashi Kaizo, uno dei massimi esponenti del neo-noir giapponese con forti componenti surreali. E’ facile notare che tutti questi registi adorano curare la messa in scena ed infatti leggendo Wet Moon si percepisce una sorta di esperienza cinematografica grazie all’innata bravura nel dare una certa sequenzialità alle vignette alimentata da un fluido montaggio interno delle tavole, esattamente come il montaggio cinematografico. Inoltre la scelta dei tempi narrativi è perfetta; si alternano ritmi lenti, con intensi primi piani, close-up sui dettagli(sin dall’inizio capiamo che quella cicatrice sarà importante, non è così?) e illuminanti scambi di battute, a ritmi esasperati, con inseguimenti e visioni, tramite frenetici campi lunghi, inquadrature sbilenche e tavole allucinate.
Sin da subito il lettore si ritroverà dalla parte del protagonista, il detective Sada, abbracciando la stessa sorte, ovvero restare intrappolati in un folle noir psichedelico che non ci lascia tregua tramite l’infittirsi dei misteri e la conseguente discesa nella follia più profonda.
Sembra quasi che la colonna sonora di quest’opera sia The Dark side of the Moon dei Pink Floyd e non a caso le due opere hanno in comune il tema della pazzia e il ruolo centrale della luna. Kaneko con Bambi ha riferito apertamente che il Punk fosse la sua principale fonte di ispirazione, sicuramente con Wet Moon non sarà stato così e non mi sorprenderei se si fosse veramente ispirato al suddetto album.
Ambientato nella
città di Tatsumi sul finire degli anni ’60, dunque in piena guerra fredda e
poco prima dell’allunaggio. Ben presto scopriremo cosa si cela dietro la solare
facciata di questa meta turistica giapponese, ossia la malavita e corruzione,
dai politici ai poliziotti. Sada in seguito ad un incidente inizierà la sua
ossessiva ricerca di una donna, Kiwako, eternamente in fuga e capace di
scavalcare il tempo e lo spazio. Pura follia insomma, spiegata da un lato da
nozioni e teorie di fisica dell’epoca grazie all’incessante corsa
all’esplorazione spaziale e da un lato
dalla perdita totale delle capacità cognitive. La ricerca quindi si espande, non è più solo
Kiwako Komiyama la sua ossessione ma anche la riscoperta del vero io. Questa
ossessione lo spingerà ad entrare in contatto con diverse persone della
malavita e non, ma soprattutto con Tamayama, l’informatore del futuro.
Tra un continuo domandarsi sul “dove finisce la realtà e iniziano le tue fantasie?” ci sono altre tematiche che convergono nel corso dell’opera in un finale assurdo. All’interno di questo sincretico e ben gestito quadro c’è anche una certa dose di religione, mai banale e rappresentata da simboli grafici come il tatuaggio di Cristo in croce con conseguente parabola sulla “follia di un uomo che può inghiottire il mondo intero”. Dunque vi è una critica alla cecità dei cristiani nell’inseguire niente altro che ombre rinunciando alla ragione. Infatti al nostro Sada viene chiesto se non siano i peccati a portarlo alla pazzia.
Non è solo il cristianesimo ad essere preso in considerazione, ma anche il Buddismo poiché ad un certo punto ci ritroveremo dinnanzi ad una scena di una caduta verso le mani di un Buddha, proprio ad indicare che tutti i giri, mentali e non, fatti sino ad allora non hanno portato a nulla, siamo sempre nello stesso posto, proprio come Sun Wukong nel tentativo di lasciare il palmo di Buddha.
Lungo tutto il trip ci ritroveremo più volte dinanzi a oggetti o situazioni disseminate da Kaneko, in pieno stile lynchiano, e queste possono essere: le caramelle comprate da Sada ogni volta nello stesso negozio, che stanno proprio a significare quel legame con la realtà e quotidianità che puoi avere solo svolgendo la solita azione di routine, oppure le formiche che rappresentano la corruzione, o ancora la scena dell’inseguimento ripetuta più e più volte e qui possiamo notare proprio una tecnica cara Bunuel per creare straniamento, ma volendo anche Hitchcock in Vertigo. Altri oggetti ricorrenti possono essere l’annotazione di Sada, l’oggetto misterioso costruito dall’Hamano Seiko e ovviamente la luna.
Come già accennato lo stile grafico di Kaneko, totalmente riconoscibile e d’autore, è diverso sia da Soil, sia da Bambi, ma non per questo ha abbandonato quel tocco che lo rende più vicino all’underground americano piuttosto che nipponico. A seconda dell’esigenza della trama lo stile può mutare tra l’ultra dettagliato a uno più scarno e semplicistico, ma pur sempre d’impatto. I retini sono pochi e posizionati dove occorrono, magari per mettere in risalto o creare un contrasto con l’atmosfera da incubo. Le linee non sono doppie come in Soil, ma sempre più del normale e in conclusione lo si può accostare a Paul Pope, la sua controparte americana. In definitiva, nulla è lasciato al caso e anche i titoli di ogni capitolo rievocano veramente gli anni ’60.
Dunque appena l’allunaggio avviene, Sada giunge alla fine della storia ma totalmente cambiato ed ecco perché continuava a ripetere che l’uomo non può andare sulla luna: non perché incapace fisicamente, ma perché arrivando lì significherebbe approdare nella follia estrema, passare al lato oscuro. La luna, se non si è ancora capito, è il simbolo della follia ed essa è sempre stata per l’uomo affascinante e un traguardo da raggiungere. La follia è vista come mezzo necessario per scappare dalla realtà, “per tentare di distruggere un guscio duro” o “ribaltare un paradosso assoluto”, ma non puoi raggiungere la luna ed uscirne incolume.
Dunque la sua follia, quella di un uomo solo, ha inghiottito il mondo intero?
Cosa è successo al nostro Sada, è riuscito a mettere piede sulla faccia bagnata della luna? Fatto sta che il suo continuo correre l’ha resa arida…
TESTO: Ferrara Michele "Texhnolyze"
ILLUSTRAZIONE: Tafuro Giovanni "JohnTaf"
NOTA : "Per precauzione, anche se crediamo non necessaria, se qualcuno volesse prendere un'immagine dal Blog, chiediamo con cortesia di mandarci prima un messaggio privato e poi di citarne la fonte. GRAZIE"
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